Qualsiasi viaggio non è mai solo un punto su una mappa, ma è prima di tutto un confronto con stessi, specie se il percorso è fatto in modo lento e faticoso, a piedi con lo zaino in spalla.

Da tempo desideravo compiere un cammino in solitaria, ma i rinomati Cammino di Santiago o la Via Francigena ai miei occhi risultavano troppo gettonati e organizzati per soddisfare lo spirito d’avventura e la prova di consapevolezza dei miei limiti. 

Ho dunque puntato al Friuli, al meno noto Cammino delle Pievi in Carnia, nato come Cammino di pellegrinaggio e frequentato dai più per uscite giornaliere nei fine settimana o da qualche turista austriaco in viaggio esplorativo, in cerca di mete selvagge, non convenzionali. 

È composto da 20 tappe che seguono i fari delle 11 Pievi dell’area, 2 Santuari e 6 luoghi di culto meritevoli di sosta, con un percorso ricco di natura, spiritualità e storia. Se fatto interamente sono 310 Km e 12700 metri di dislivello. Tredici i giorni di viaggio in tutto, con una media di circa 20 km al giorno. 

Le Pievi, luoghi simbolici di notevole suggestione, sono differenti da tutti gli altri edifici religiosi perché rappresentano antiche entità giuridiche, religiose, sociali nate tra il V e il XIV, allo scopo di evangelizzare la gente di montagna ma, sorte strategicamente isolate su alture, avevano anche una funzione difensiva e di avvistamento del nemico. Prima della partenza, presso Casa Emmaus a Imponzo, i credenti possono chiedere la Credenziale del Pellegrino, un documento sul quale viene apposto un timbro ad ogni Pieve raggiunta: rappresenta una sorta di diario del percorso compiuto dal pellegrino durante il Cammino e consente, al termine, di ricevere la pergamena dell’Indulgenza Plenaria. 

L’itinerario è circolare e si percorre in senso orario, con partenza da Imponzo di Tolmezzo (Ud) e arrivo a Zuglio (Ud), e si sviluppa attraverso vecchie mulattiere, piste forestali e sentieri alpini del CAI; è contrassegnato da cartellini con logo e freccia direzionale.  

Le tracce GPS sono comodamente scaricabili dal sito insieme alle indicazioni cartacee, ma in alcune situazioni solo le isoipse della fedele cartina Tabacco (fogli 01-02-09-13) mi hanno aiutato a non perdermi: satelliti, rete o la magia di Agane dispettose talvolta giocano brutti scherzi! In settimana, lungo la tappa, è raro incontrare qualcuno ed è sempre prudente chiedere preventivamente informazioni recenti agli abitanti, prima di mettersi in cammino. Qualche tratto dell’itinerario può risultare ostico per l’orientamento perché bisogna giocare a nascondino con l’erba alta, non ancora sfalciata, e il bosco che inevitabilmente avanza. 

Sono spazi di natura selvaggia ma ricchi di storia, da vivere lentamente e con curiosità, punteggiati da malghe e pianori, siti archeologici, vestigia di antiche culture e resti militari che testimoniano lo scorrere dei secoli, dai Romani alle grandi guerre mondiali, con una spiccata particolarità storica e geografica al crocevia di tre confini (Austria, Slovenia, Italia). 

Numerosi e bellissimi gli affreschi rinascimentali di Gianfrancesco da Tolmezzo, uno dei massimi esponenti dell’arte pittorica friulana del Quattrocento che decorano Pievi, edicole o chiesette. Non manca la cucina della tradizione, specie cjarsons con le erbe, blecs, selvaggina e saporiti formaggi di alpeggio freschi e stagionati, prodotti con il latte fresco delle tante vacche brune “in vacanza” in malga, e il buon vino. 

Inanello una dopo l’altra le Pievi, passando per Illegio, Tolmezzo, Cesclans e Villa di Verzegnis per scendere al ponte sul fiume Tagliamento, benedetta dal S.Cristoforo di turno, protettore dei viandanti e sempre affrescato sulle chiesette presso i guadi. Invillino, Villa Santina, Raveo, Enemonzo e infine suono le campane della stupenda chiesetta di San Martino a Socchieve, insieme alla sacrestana che da 45 anni si occupa anche di caricare l’antico orologio. Ascolto rapita la magia dell’eco delle note che rimbomba nella valle, dono di un tempo lento che trasforma il sentire. 

I paesini abbarbicati sulle pendici dei monti sono pronti a rubare ogni possibile spiraglio di sole e appaiono e scompaiono ad ogni scollinamento. Nella piazza centrale c’è sempre una fontana, spesso con lavatoio, e il cielo non lesina mai spettacoli luminosi: è un attimo credere di vivere dentro un romanzo di Claudio Magris. Il pacifico luogo di villeggiatura di Forni di Sopra incanta, mentre a Sappada, “Borgo più bello d’Italia”, si entra in una cartolina, specie se si ha la fortuna di incontrare Silvia, un’abitante autoctona che ti conduce per mano.  

Tanti però anche i borghi silenziosi dove l’ultima osteria, luogo simbolo di ogni Comunità friulana, spesso fatica a resistere insieme agli ultimi abitanti; molti sono gli anziani che non demordono al crescente spopolamento e all’abbandono, anche se la vita con poche comodità reclama maggiori sacrifici. Riposo al fascino del lago di Sauris, accolta dal calore di una caratteristica casa in legno dove si parla un dialetto impastato di tedesco, ma vive ancora l’universale linguaggio del cuore. A fondovalle calpesto spesso un sottobosco di felci e noccioli all’ombra prevalente del carpino e del pino nero, e il cinguettio degli uccelli fa da colonna sonora all’incedere, ma percorro anche sentieri in quota a 1946 m. che serpeggiano ripidi tra Malga Tragonia, Rifugio Tenente Fabbro e Forcella Rioda, dove l’aria delle Dolomiti Friulane si fa frizzantina tra i pascoli alti delle malghe, i fiori rosa di rododendro e lo stridore dei falchetti. 

Lambisco il confine veneto sulle creste del Cadore e percorro sentieri, mulattiere e piste forestali avvolte dai grandi boschi verdi della Carnia che nascondono Prato Carnico e Ovaro, dove tra faggeti e abetaie incontro il forte profumo di muschio e di funghi. Percepisco la presenza dell’iconica vetta dello Zoncolan, sua Maestà “Il Kaiser” con la nota salita, conquistata da tutti i più grandi campioni del ciclismo italiano. 

Mi attardo a Cercivento, rapita dalle ceramiche e dai mosaici affissi ai muri delle case che formano una Bibbia a cielo aperto, accolta da un inaspettato cicerone messo in allerta del mio arrivo dall’intramontabile “radio tam-tam”. Giungo sulle pietre del tracciato della strada romana Julia Augusta, che punta al Norico nel bosco vicino a Paluzza, dove mi ritrovo ad accentuare il ticchettio dei bastoncini che scandiscono il passo, per spaventare eventuali animali.  

Nella solitudine dell’andare e nell’oscurità della selva, provata dal disagio di essere inzaccherata e fradicia per un temporale con grandine, oltre che costretta a cercare un percorso alternativo per l’interruzione del sentiero dovuto alla tracimazione del torrente, affiorano ancestrali e spaventose paure. 

Mi convinco che è solo la mia mente a crearle e proseguo con fiducia, rassicurandomi che è la stanchezza a giocare brutti scherzi. Sfioro l’austriaca Valle di Lienz fino a Timau, dove l’Ossario militare conserva le spoglie dei soldati che vissero dolore e morte durante la Prima Guerra Mondiale; una donna, Maria Plozner Mentil, portatrice carnica morta nel 1916, decorata medaglia d’oro al Valor Militare, ancora vive nella forza d’animo di tante donne carniche: con il romanzo “Fiore di Roccia”, Ilaria Tuti ha dato nuova voce alla Storia.  

Percorse le tre grandi valli montane delle Alpi Carniche, solcate dal fiume Tagliamento, dal torrente But e dal Chiarzò, scendo con pendenze del 18% la selvatica Val d’Incaroio, per tuffarmi nella ridente conca di Paularo dai tipici loggiati in pietra, con gli onnipresenti gerani e i piacevoli Musei come “La Mozartina” e “Mistìrs” 

La gente dei borghi, non avvezza al turismo di massa, posa volentieri la gerla che talvolta ancora porta a spalle per offrire informazioni e fermarsi curiosa a scambiare quattro chiacchiere. Del resto il tempo qui scorre lento e l’arrivo di una “viandante” è ancora occasione di stupore. Dopo un lungo attraversamento in quota, sempre su versante sud, arrivo ad Arta Terme: in alcune fioriere vivono gli eterni proverbi popolari, raccolti in eleganti cuori in ferro battuto. Anche la lingua friulana fa bella mostra di sé. Sul colle sopra il torrente veglia con maestosità la Pieve di Zuglio (l’antica Iulium Carnicum dei Romani) dove trovo riparo dall’ennesimo violento temporale estivo.  

Gli sbilfs sono stati dispettosi lungo la ripida salita, ma hanno fatto la magia che rende liberi dalla fretta, fermando il tempo: meritava! Grande è il senso di pace, mentre mi perdo tra le mura della scuola dove ancora si impara a suonare le campane e a curiosare tra una raccolta di Bibbie scritte in tutte le lingue del mondo, che inevitabilmente mi induce a pensare a dove muovere i prossimi passi. 

Durante tutto il Cammino si percepisce una forte religiosità, custodita dalla gente in una moltitudine di cappelle, immagini sacre, poesie, edicole votive, sacelli, capitelli o Cristi, spesso adornati da fiori, posti all’entrata e all’uscita di ogni piccolo agglomerato di case, come pure a ogni bivio significativo, anche in mezzo al bosco. Una presenza che rassicura e diventa una fedele compagnia. 

Il chiocciare delle galline che razzolano libere nei prati, il ronzio delle api e i campanacci delle mucche che pascolano vicino alle tombe di un piccolo cimitero di paese, accanto alla chiesa, sono suoni e immagini che, conditi dalle parole sagge degli anziani, e connesse al silenzio, al tempo lento e all’ascolto di sé suscitano emozioni forti; restituiscono un’esperienza di viaggio che rigenera, nonostante la fatica.  

L’esperienza del Cammino espone ad un inevitabile senso di vulnerabilità: l’assordante mutismo della montagna rotto solo dallo scalpitio dei passi sulla roccia, la potente e rigogliosa natura che si attraversa, insieme al sole, alla pioggia, ai torrenti e al fiato corto, ci ricordano quanto siamo piccoli e deboli, ma passo dopo passo, con umiltà, aumenta la fiducia in sé e cresce l’affidamento allo Spirito che parla ad ognuno di noi. 

Mi porto a casa un senso di enorme gratitudine: il miglior souvenir. Dall’ epoca medioevale ogni pellegrino che va per il mondo saluta con “Ultreya et suseya”, ma in Friuli il miglior saluto rimane sempre “mandi”!

Di Marina Del Colle 

 

Seguite Marina Del Colle sul suo Blog “Lo zaino di Marina”: https://marinaspili.com/ 

Informazioni sul Cammino delle Pievi in Carnia:  https://camminodellepievi.it/