Pace e refrigerio sulle maestose montagne del Friuli Venezia Giulia.
Foto di Ferdi Terrazzani
In quella che si preannuncia una calda estate non si può fare a meno di cercare pace e refrigerio sulle maestose montagne del Friuli Venezia Giulia. C’è solo l’imbarazzo della scelta, ma se si vuole coniugare natura, relax, roccia e acqua, boschi e prati, luoghi facilmente accessibili ma spettacolari e ottimi prodotti caseari, l’Altopiano del Montasio è una delle mete raccomandate.
È accessibile da Chiusaforte, il “Comune delle Cascate”, seguendo la S. P. 76 della Val Raccolana fino a Sella Nevea per poi raggiungere in auto il grande parcheggio dei Piani del Montasio oppure, sempre fino a Sella Nevea, anche arrivando da Tarvisio e passando per Cave del Predil e la Valle del Rio Lago.
L’Altopiano è un vasto terrazzamento, modellato dall’erosione dei ghiacciai della Val Raccolana, che si estende sotto il massiccio del versante meridionale dell’imponente Jôf di Montasio, a una quota media di 1500 – 1600 metri.
Fin dai tempi remoti l’Altopiano è stato utilizzato come pascolo; qui, nelle malghe, nasce la produzione del Montasio, formaggio lavorato con tecniche uniche, e altri prodotti caseari derivati. Nel 2013 l’Altopiano è stato anche punto di arrivo di una tappa del Giro d’Italia; la salita è stata affrontata dal lato di Chiusaforte, con passaggio a Sella Nevea e pendenze che, negli ultimi 6 chilometri, sono in doppia cifra.
Arrivando qui e osservando il panorama si rimane senza parole, a bocca aperta. È difficile descriverne la bellezza e noi di Esplora & Ama abbiamo deciso di “lasciare la parola” alle splendide fotografie di Ferdi Terrazzani e invitarvi ad andarci, non necessariamente in auto.
L’anello delle Malghe e..non solo..
Per chi desidera arrivare all’Altopiano del Montasio godendosi tutta la magia di questi luoghi è infatti possibile effettuare una suggestiva escursione a piedi lungo l’itinerario delle Malghe, partendo dalla zona di arrivo della Pista Slalom di Sella Nevea, lungo la strada forestale porta alle Casere Cregnedul di Sopra e quindi alle malghe sui piani del Montasio. Lunga circa 12 km, con un dislivello di circa 400 metri e un tempo di percorrenza stimato di 4 ore, quest’escursione non presenta tratti tecnicamente difficili ma richiede una certa attitudine a camminare.
Il sottobosco millenario, i boschi di abete rosso, la presenza di animali al pascolo e malghe di vario genere, che offrono diverse esperienze culinarie, rendono l’itinerario davvero interessante. Lungo il percorso, con un po’di fortuna e pazienza, potreste avvistare le marmotte che popolano l’altopiano del Montasio e, se avete la vista lunga, anche qualche stambecco.
Dall’Altopiano del Montasio gli appassionati dell’alta montagna possono raggiungere il Rifugio Giacomo di Brazzà e poi salire alla Cima di Terrarossa (2420 m) o sullo Jôf di Montasio, il Re delle Alpi Giulie (2753 m) e ammirare, sull’altro lato dell’Altopiano di Montasio, l’enorme massiccio del Monte Canin.
Per Leonardo: in questa prima parte metti tutte le foto che puoi delle montagne, altopiano, stambecchi ecc, a costo di fare due pagine solo di foto. Se riesci metti anche la mappa del giro delle malghe.
La Val Raccolana tra cascate e grotte, orchi e nani
Che la si chiami “Cascata del Sole” o Fontanon di Goriuda, lo spettacolo offerto dall’imponente cascata che precipita per 80 metri in uno specchio d’acqua limpidissima creando, con la nebulizzazione, effimere e armoniose figure sempre diverse, è impressionante; così come il fragore, accentuato nei periodi piovosi. L’effetto è amplificato dal riparo sotto roccia che si trova dietro alla cascata.
La cascata è facilmente raggiungibile in 15 minuti lungo un semplice sentiero, con circa 100 metri di dislivello, che parte dalla località Pian della Sega, in Val Raccolana.
Secondo la tradizione qui vivono l’Orco Goriuda e i piccoli nani Guriùz, e li potete forse trovare superando la cascata ed entrando nel grande riparo roccioso.
L’Orco Goriuda era molto temuto, un tempo, nella valle, per i suoi dispetti diabolici. Incuteva terrore alla povera gente che si attardava in giro di notte, terrorizzava con i suoi trucchi le donne e, tra salti e capriole, faceva rotolare dai torrenti enormi macigni che, una volta giunti sulla strada, sparivano misteriosamente, dopo aver spaventato i viandanti solitari.
Si racconta che fu ferito proprio da uno di essi, un alpigiano della borgata di Stretti, armato di fucile caricato con una polvere benedetta, un cero pasquale e due foglie d’olivo, assieme a una pallottola dove aveva inciso una croce. L’Orco, ferito e dolorante, si rintanò nel Fontanon di Goriuda e vi rimase per quindici giorni, dopodiché uscì e, passando per il casolare dove viveva il suo feritore, gli disse “Me l’hai fatta, amico, e mai più mi rivedrai da queste parti…”, e scomparve.
I Guriùz invece erano piccoli esseri pelosi che d’inverno scendevano nei paesi per rubare cibo e che, un giorno, scomparvero in una delle grotte che conducono al loro mondo sotterraneo.
Se non li trovate dietro la cascata probabilmente si sono nascosti nelle profondità della terra, dove scorre l’acqua fredda e limpida che qui rivede la luce dopo un lungo e tortuoso percorso nel ventre del Monte Canin.
Inserire le due foto della cascata
La Grotta del Fontanon di Goriuda
Dunque, per scoprire i segreti che si trovano a monte della Cascata del Sole e per capire dove sono finiti perlomeno i Guriùz, per non parlare dell’Orco Goriuda, bisogna andare sottoterra. Per noi lo faranno gli speleologi, soprattutto gli speleosub, specialisti dotati di tanto sangue freddo da immergersi in acque dove, spesso, la visibilità è ridotta quasi a zero e ogni minimo errore può essere fatale.
Noi, grazie alle escursioni organizzate dal Parco delle Prealpi Giulie, possiamo comunque visitare la prima parte della grotta, fin dove è possibile arrivare senza bombole e muta. Ma andiamo per ordine.
Il Fontanon di Goriuda è una poderosa risorgiva perenne di portata variabile, che consente alle acque del sovrastante altipiano del Canin di riaffiorare nella Val Raccolana; situato al contatto fra la formazione della “Dolomia Principale” e quella sovrastante calcarea del “Dachstein”, è stato classificato come geosito di interesse nazionale dalla Regione Friuli Venezia Giulia. L’ingresso si trova sulla sinistra orografica del torrente Raccolana, in prossimità del “Pian della Sega”, ed era noto da lungo tempo, ma non risulta che la grotta sia stata esplorata, neppure parzialmente, prima del 1962, anno in cui cominciarono le prime esplorazioni.
Il primo tratto è costituito da una galleria diritta, lunga circa 80 metri, larga sui 4-6 metri e interamente occupata dal letto del torrente. A circa 150 metri dall’ingresso si trova un lago, dal quale è possibile proseguire solo con attrezzature speleosubacquee.
Dalla fine degli anni ‘70 e fino al 2007 tutte le esplorazioni speleosubacquee si sono fermate davanti al gelido laghetto che immette nel terzo sifone interno. Il problema più rilevante, in questo ambiente estremo, è rappresentato dalla difficoltà di trasportare le pesanti e ingombranti attrezzature speleosubacquee lungo tutta la grotta e oltre i primi due sifoni, per raggiungere il limite esplorato, e la bassissima temperatura dell’acqua (circa 2 gradi) nella quale gli speleosub si devono immergere.
A partire dal mese di gennaio 2008 una serie di uscite del Club Alpinistico Triestino (CAT) hanno condotto a nuove scoperte. I tre tentativi fatti nell’estate del 2007 si erano rivelati disastrosi, per via delle piene date da improvvisi quanto violenti temporali, che avevano distrutto il “campo base” e danneggiato molte attrezzature. Confidando nell’inverno, quando il pericolo di piene si sarebbe ridotto, speleologi e speleosub sono ritornati alla carica, mettendo in sicurezza tutta la grotta e provando a passare il terzo sifone.
Sifone che però diventava impraticabile all’uomo dopo una quindicina di metri; mentre la prima squadra di esploratori provvedeva al rilievo topografico del sifone terminale, l’altra si concentrò su alcune “finestre” che si aprono sopra il secondo sifone e sul soffitto della galleria che conduce al terzo. In quella fortunata occasione è stata scoperta una nuova prosecuzione, al di sopra del secondo sifone. In parete, a un’altezza di circa 20 metri, una comoda galleria si inoltra nelle viscere del monte. Risalita la parete in arrampicata artificiale e raggiunto il limite massimo consentito dall’attrezzatura disponibile, si è presentato, agli occhi degli increduli esploratori, un ampio portale che immette in un ambiente talmente vasto che neanche i potenti fasci di luce in dotazione alla squadra esplorativa sono riusciti a illuminare.
Nel mese di gennaio 2009 una nutrita squadra è tornata, attrezzata di tutto punto, con l’intento di proseguire nelle esplorazioni e documentare le nuove scoperte. Sette speleosub, in circa 20 ore di permanenza in grotta, hanno raggiunto il punto dove si era fermata la precedente esplorazione e hanno predisposto il campo base avanzato, dal quale dare l’assalto ai “piani alti” della grotta.
La risalita alle gallerie superiori ha rivelato un dislivello di oltre 60 metri e la squadra di esploratori che ha raggiunto la sommità si è trovata davanti una galleria dalle dimensioni imponenti per il tipo di grotta: uno sviluppo di circa 100 metri, con una larghezza che varia dai 6 ai 10 metri e una notevole altezza.
L’abbondante stillicidio che scende dalle pareti indica che l’acqua proviene dall’alto anche in periodi di “magra”, mentre le vaschette di acqua cristallina che ricoprono parte del pavimento confermano che, in tempi di disgelo, l’acqua scorre copiosa sul fondo della galleria.
Le formazioni calcaree della grande galleria sono molto diverse tra di loro: brecce composte da levigatissimi ciottoli si alternano a potenti frane, fortemente conglomerate, mentre grandi massi di crollo si contrappongono a imponenti concrezioni calcitiche. Queste e altre caratteristiche della galleria rendono l’ambiente simile a un “parco giochi per geologi”.
Una fredda corrente d’aria proveniente dal lato opposto della galleria indica forse una possibile via per l’esterno del monte, in Val Raccolana, probabilmente a metà della parete che guarda il sottostante Agriturismo.
Come in tanti altri casi, nel mondo sotterraneo i misteri da svelare sono tanti, le vie da percorrere non sono sempre a misura d’uomo; ma le grotte sono un grande libro che parla della storia della Terra e gli speleologi sono caparbi e ben determinati a cercare di leggere il più dettagliatamente possibile questo libro, e magari scriverne anche alcune pagine.
In fondo la parte più inesplorata del nostro pianeta sta sotto la sua superficie e le grotte trasportano l’acqua che noi beviamo e utilizziamo. La loro conoscenza e la conseguente, indispensabile salvaguardia sono fondamentali per la vita dell’uomo.
Si ringrazia Franco Gherlizza del Club Alpinistico Triestino per le informazioni sulla grotta e per le fotografie.
Inserire le foto della grotta e, se vuoi, anche il rilievo.